La segnalazione, attraverso il Comune, indirizzata alla Regione Toscana, sulla gestione dell’equilibrio faunistico e sul sovrappopolamento del selvatico cinghiale che da tempo ormai invade le nostre città, causa incidenti, devasta raccolti e giardini e le conseguenze, hanno un sostanziale costo a carico dei cittadini coinvolti.
I danni che i cinghiali provocano all’agricoltura ammontano a circa un miliardo l’anno: e poiché in gran parte vengono rimborsati dalle Regioni, questo vuol dire che siamo noi, con le nostre tasse, a finanziare le allegre scorribande dei branchi di cinghiali. Ne vale la pena? Siamo sicuri che siano soldi ben spesi?
In natura i predatori svolgono un ruolo essenziale: contenere la popolazione degli altri animali, e in particolare degli erbivori, in limiti accettabili dall’ecosistema. Se in Africa all’improvviso scomparissero leoni e leopardi, in un tempo neppur troppo breve gazzelle e bufali, elefanti e giraffe si mangerebbero tutta l’erba del continente. I predatori attaccano gli elementi più deboli del branco, per la buona e semplice ragione che sono prede più facili: gli anziani, i malati, i cuccioli. Potrà sembrarci crudele, e così lontano dalla nostra etica, ma è il modo in cui funziona la natura. Che non è né un parco giochi né un museo né tantomeno un cartone di Walt Disney: è piuttosto un super-organismo che muta continuamente forma e che ha tra i suoi pilastri fondamentali l’aggressività e, diremmo noi, l’omicidio. Del resto anche noi uccidiamo continuamente altri animali: per mangiarli, o perché mangiano la nostra frutta, o semplicemente perché, come una zanzara, ci danno fastidio. È dunque del tutto naturale, oltreché economicamente importante, contenere la popolazione dei cinghiali italiani: che, secondo alcune stime, ha raggiunto il milione di esemplari. E siccome non ci sono abbastanza lupi, tocca a noi intervenire. Si può essere mossi a pietà e costruire un altarino di fiori per i cuccioli abbattuti, come è successo a Roma, ma non si deve dimenticare il contesto e la situazione più generale.
Tanto più che – e questo dovrebbe sollecitare una riflessione più generale sul rapporto fra l’uomo e la natura – i cinghiali italiani non sono affatto italiani. Per ripopolare i nostri boschi e accondiscendere alle richieste dei cacciatori, sono stati importati dall’Ungheria cinghiali grossi quasi il doppio dei nostrani e molto più prolifici. Nel frattempo si sono incrociati con i nostri, e il risultato è che quasi tutti si riproducono due volte l’anno anziché una volta sola, e mettono al mondo ogni volta 10-12 cuccioli anziché 3-4. Chi difende astrattamente i cinghiali, dunque, non è in realtà rispettoso dell’ambiente e dell’ecosistema, ma finisce col difendere un pasticcio creato dall’uomo, artificiale tanto quanto una colata di cemento.